Il giorno delle nozze però, Amir,
inaspettatamente, abbandonò il banchetto e fuggì nel bosco.
Non sappiamo dire con certezza cosa
portò il ragazzo a compiere un gesto tanto sconsiderato, forse
l'amore travolgente per un'altra fanciulla o l'avversione per la vita
di palazzo che cresceva in lui giorno dopo giorno, ma di qualsiasi
cosa si trattasse, era di certo molto importante per il ragazzo che
non ci aveva pensato due volte a mandare all'aria i piani del re.
Nel bosco, Amir si dimenava come meglio
poteva tra i rami e i cespugli che lo ostacolavano, ma
sfortunatamente, i fratelli della principessa lo raggiunsero in un
baleno e in men che non si dica, lo accerchiarono. Il giovane
cavaliere, che in tutte le battaglie si era sempre contraddistinto
per valore e audacia, cercò di difendersi schivando le sferzate dei
nemici, ma proprio quando riuscì a trovare un piccolo varco per
fuggire, il fratello maggiore della principessa Nahid, con la spada
gli tranciò la mano sinistra. I figli del re perciò, vendicata
l'offesa, lasciarono Amir agonizzante nel bosco e con i loro cavalli
tornarono al banchetto. Con le poche forze che gli erano rimaste,
Amir avvolse la ferita nella camicia che indossava e ricominciò a
vagare per il bosco.
Camminò a lungo, forse per giorni,
fino a quando non arrivò in una piccola città, Protesi, molto
lontana dal regno di Daltora. Amir era sfinito e la camicia con cui
aveva cercato di coprire la ferita era ormai sudicia. Lungo la strada
però, il cavaliere incontrò un vecchio mercante che gli offrì
aiuto e lo condusse nella piccola bottega del suo amico, Aref.
Aref era un artigiano che con il tempo
era diventato molto conosciuto in città grazie ad alcuni strani aggeggi
che fabbricava nel suo laboratorio.
Si trattava di particolari strumenti,
molto simili ad una mano, che il vecchio fabbro incominciò a costruire dopo che
il suo terzo nipote, Farid, venne alla luce proprio con un arto
mancante. Aref perciò, donò ad Amir una delle mani di legno
che aveva realizzato , e il cavaliere, in segno di gratitudine, le diede il nome della città in
cui aveva trovato rifugio.
Amir perciò, riprese il suo
viaggio e in ogni città in cui si fermò raccontò la storia
incredibile di Aref. Così, in poco tempo, soldati, cavalieri e mercenari
che in guerra erano rimasti irrimediabilmente feriti, giunsero nella
città di Protesi per farsi fabbricare una nuova mano, o meglio, una
“protesi” dal vecchio artigiano.
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